Sono anni che desideravo scrivere un articolo del genere, ma non lo sapevo nemmeno, non lo avevo ancora mai nemmeno concepito. Sono andata cercando chissà quale significato dietro chissà quale filosofia, per tornare alla fine al punto di partenza: quello che ci vede nascere esseri viventi, con tanto di corpo che piange, spasima ossigeno, attiva cellule, in mezzo al sangue e ai liquidi vitali che dal grembo materno ci rivelano alla luce.
Se mi guardo indietro non vedo un percorso lineare; la mia non è mai stata una strada che segue diritta una direzione. L'ho creduto, magari, in alcuni momenti, durati anche anni, ma non è mai stato così e questa consapevolezza è oggi una profonda ricchezza che mi porto dentro. Non sono sempre stata massaggiatrice: credo sia difficile oggi trovare una persona che sia quello che fin dall'inizio pensava, o voleva essere. Dalle prime esplorazioni adolescenziali del mondo e del proprio potenziale, sono andata via via innamorandomi della filosofia e della letteratura, poi mi sono buttata nel mondo della comunicazione digitale, ho lavorato in grandi aziende a Milano e non solo, ho avuto a che fare col mondo del business, del marketing, delle strategie, dei numeri, e di come comunicarli. Contemporaneamente ho cresciuto una famiglia, pure numerosa (perché ogni avventura va vissuta intensamente, quando possibile), e attraversato tutte quelle fasi che caratterizzano la persona nel suo stadio di giovane adulto: desiderio di costruire, creare, nutrire, crescere, in una parola « fare ».
Quando poi ho deciso di dedicarmi completamente al massaggio, non era per me la scoperta di una dimensione del tutto nuova, ma sicuramente è stata una tappa fondamentale che mi ha indicato una strada, questa sì, nuova: quella dell'ascolto di sé, intendo quello consapevole.
Dico queste tre parole con una sorta di timore reverenziale. Esse hanno, infatti, un significato così intenso ma al contempo così abusato che le si dovrebbe soltanto sussurrare, per quanto possibile, perché aprono a quella che per me è la dimensione del sacro.
Il massaggio mi ha insegnato molte cose. Innanzitutto, è tecnica. Per poter massagiare devi sapere cosa fare col corpo dell'altro, e questo ovviamente non può essere affidato solo all'intuizione, anche se avere una buona dose di intuito è importante. Più tecniche si conoscono, più sono gli strumenti che potremo usare per ottenere determinati scopi.
Imparare una tecnica serve moltissimo anche ad avere una disciplina. In tal senso, il massaggio può essere paragonato a un'arte marziale, o a una meditazione, o meglio, a una via di mezzo tra l'arte marziale e la meditazione, come può esserlo ad esempio il Tai Chi. Esattamente come nel Tai Chi, infatti, i movimenti lenti e precisi del corpo, armonizzati attraverso la respirazione, permettono un lavoro su più livelli: mentre ci si muove, è importante avere piena consapevolezza della postura, del baricentro, della propria forza e dei propri limiti. Si entra così pienamente in una "bolla" di coscienza vigile in cui tutto è sotto controllo, e questo permette una profonda immersione in ciò che si sta facendo.
Vivere l'esperienza del massaggio si prefigura quindi come una possibilità importante per essere connessi con sé. Si è in una condizione di attento ascolto, cui si aggiunge poi l'intenzione: cioè, ovviamente, quello che si desidera trasmettere, o "donare", a chi si affida a noi per "ricevere". E ricevere, in questo caso, può essere ricevere una coccola, un po' d'amore, di ascolto, di relax oppure di sollievo dal dolore. Ma qualunque cosa sia ciò che si riceve o si dona, tutto passa attraverso il corpo.
Perché il nostro corpo è così importante?
C'è una lezione straordinaria che mi ha lasciato un giorno il Professor Carlo Di Stanislao a un seminario di Medicina Cinese quando ha detto:
«Tutto è configurazione»: se siamo fatti di materia, e abbiamo la forma che abbiamo, questo è esattamente ciò che ci definisce. Non saremmo, se non fossimo fatti esattamente della forma che abbiamo. Tutte le precise caratteristiche fisiche che ci appartengono, la fisionomia, la costituzione, le movenze, la postura, il tono muscolare, eccetera: tutto è parte di noi nel senso che se non fossimo fatti esattamente in quel modo non saremmo niente di ciò che siamo. Non è il Ego cogito, ergo sum, sive existo ("io penso, dunque sono, ossia esisto") a definirci ma esattamente il contrario: io sono fatto di pura materia, questa materia si è espressa in una precisa forma, dunque io vivo le esperienze in un preciso modo, perciò io sono.
Secondo questa concezione dell'essere, la filosofia cartesiana ci ha accompagnati per secoli verso un allontanamento dal corpo che si è rivelato pericoloso. Abbiamo smesso di dargli attenzione o, se lo abbiamo fatto, è stato spesso per considerarlo solo come uno strumento: un mezzo per ottenere consenso, raggiungere traguardi, mostrare uno status quo. E' ovvio che il nostro corpo è anche un mezzo, e pertanto merita attenzioni per mantenerlo sano e bello, in senso proprio e lato, ma spesso è stato considerato solo come una sorta di "carrozzeria" mentre ciò che ci ha definito è stato l'intelletto, la ragione: da qui lo sviluppo tecnologico e gli importanti progressi ottenuti in campo scientifico. Ma ci siamo dimenticati di essere "forma" e, soprattutto, che questa forma è il tempio del nostro esistere.
Se vogliamo riavvicinarci al nostro corpo, dobbiamo "disimparare" il linguaggio dell'intelletto, il logos, e reimparare quello del corpo. Dopo aver passato anni a sviluppare a scuola le nostre capacità intellettuali, e soprattutto a imparare che tutto, persino il nostro corpo, dovrebbe poter essere controllato dalla nostra mente, questo processo potrebbe sembrare come fare un passo indietro. In effetti la nostra cultura, messa a confronto con le culture orientali, non ci aiuta molto a cambiare coordinate. Ma non si tratta qui di tornare veramente indietro quanto di fare una sintesi tra ciò che siamo e ciò che, espandendoci, potenzialmente possiamo essere, arrivando a riconoscere le nostre origini, che sono proprio lì: nel momento in cui da neonati il nostro corpo, come dicevo all'inizio, «piange, spasima ossigeno, attiva cellule, in mezzo al sangue e ai liquidi vitali che dal grembo materno ci rivelano alla luce».
Ed è proprio questo il linguaggio del corpo: quello dei neonati. Fateci caso: i neonati inconsciamente sanno come si respira. La respirazione profonda, quella cioè diaframmatica, è spontanea nell'uomo dal momento in cui nasce; è solo col tempo che diventa toracica. Essi sono naturalmente connessi col corpo, perché effettivamente ancora non hanno sviluppato una capacità mentale tale da condizionare il suo naturale processo vitale. Non solo, ma non hanno ancora nemmeno avuto modo di imprimere su di esso i sentimenti (paura, tristezza, ecc.) che l'ambiente e le esperienze inevitabilmente ci lasciano addosso come un marchio. La respirazione diaframmatica nell'adulto si raggiunge solo con una forte consapevolezza e un apprendimento di anni attraverso discipline (di nuovo!) come la meditazione, lo yoga, e simili. Ma ciò che queste discipline insegnano, è solo un ritorno a una sapienza inconscia che già avevamo.
Quando un neonato ha un bisogno, cosa fa? Piange. Egli esprime così un richiamo, la necessità di essere ascoltato e nutrito. Il nostro corpo agisce esattamente allo stesso modo ed è così che si spiega la contrattura, e con essa tutto ciò che rappresenta un fastidio, un dolore o un disagio: il nostro corpo parla e ci chiama ad ascoltarlo, e la sua saggezza è profonda e totale. In quest'ottica, la malattia è quella condizione di disagio fisico che, non ascoltato, si è protratto troppo a lungo e ha dato vita a una forte condizione di squilibrio.
Nello specifico, una contrattura, o comunque un disturbo o blocco, è il risultato di una condizione fisica che ci "costringe" in posizioni, o situazioni, non naturali. Possono essere dovute a situazioni di stress, immediate oppure protratte nel tempo (distress), o avere origini traumatiche o ambientali (cadute, condizioni climatiche inadatte, ecc.). Nel momento in cui cerchiamo di reagire ad esse, attuiamo quella che è una delle nostre più grandi e straordinarie risorse come specie: la nostra capacità di adattamento. Tuttavia essa ha un forte prezzo proprio in termini di equilibrio: è come se ogni volta che patteggiamo per un adattamento, dovessimo tornare a riequilibrarci, e spesso questo processo diventa difficile e capita così che lasciamo un pezzettino di salute dietro di noi.
In un vecchio libro che leggevo spesso quando ero piccola si trova una piccola storia che ha questo titolo: "Il dolore ti vuole bene". Diceva: «E' importante il dolore, e dovremmo essergliene grati. Se accosti un dito a una candela, il dolore ti avverte che ti stai bruciando, e tiri via la mano di scatto, perché non ti piace sentire il dolore. Ma se non ci fosse il dolore, magari ti verrebbe voglia di lasciare la mano sulla fiamma, tanto per vedere cosa succede. E la mano si danneggerebbe, e sarebbe inutilizzabile per parecchio tempo. Ogni volta che qualcosa cerca di danneggiare il nostro corpo, il dolore interviene, ad avvertirci che ci sta succedendo qualcosa di male. A nessuno piace il dolore, sarebbe da pazzi desiderarlo. Con tutto ciò... Grazie, dolore». ("Storielle sotto il cuscino", ed. Piccoli, AAVV, Illustrazioni F. Battesta, V. Sedini).
D'altra parte non è proprio quello che accade a Pinocchio, quando si addormenta su un caldano pieno di braci, e nel dormire pian piano gli si carbonizzano i piedi di legno? «E Pinocchio seguitava a dormire, e a russare, come se i suoi piedi fossero quelli d'un altro». (C. Collodi, "Le avventure di Pinocchio").
E' probabile che facciamo spesso così anche noi, soprattutto quando mettiamo a tacere ciò che il corpo cerca di dirci sul come stiamo, o meglio, sul chi siamo. Occorre forse allora che ognuno di noi si faccia carico del proprio percorso di formazione, proprio come fa Pinocchio nel grande capolavoro letterario di Collodi, che da corpo-legno deve attraversare una infinità di prove e pericoli finché non riesce a diventare bambino, cioè interamente se stesso: un essere completo. Con ciò, non voglio minimamente banalizzare né il dolore né la malattia, e nemmeno lasciar pensare che io sia contraria ad ogni rimedio che possa aiutarci a sopportare o superare meglio determinate problematiche. Solo vorrei lasciare chi mi legge con una consapevolezza in più, se possibile.
© Copyright Eloise Lonobile - Ogni riproduzione vietata
© Copyright Eloise Lonobile
Ogni riproduzione vietata
Leggi anche:
Massaggio Thailandese Tradizionale Massaggio Svedese Massaggio Californiano Emozionale Massaggio Thai Oil Massaggio coi Legni - Massaggio Maori® Massaggio sui Meridiani Energetici Massaggio Meditativo Trattamento cervicale Massaggio Decontratturante Massaggio Muscolare Profondo Antico Massaggio Termale Romano® Massaggio Linfodrenante Vodder Massaggio Drenante Massaggio ai piedi Massaggio distensivo Viso Massaggio Hawaiano Lomi Lomi Massaggio Sciamanico Massaggio in Gravidanza Coppettazione / Moxa / Su Jok / Auricoloterapia Massaggio per BambiniThai Experience® Thai Lanna Tok sen Massaggio a quattro mani Vedi tutti
Regala un massaggio